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Attore, scrittore, consigliere regionale in Lombardia. Candidato alle primarie del centrosinistra per Regione Lombardia.

Di chi sono i morti? Di chi li perde, di chi li...

Pubblicato su 18 Novembre 2012 da Giulio Cavalli

Di chi sono i morti? Di chi li perde, di chi li uccide e anche di chi li dimentica, forse. Riflettevo qualche giorno fa con gli amici di SEL Recanati in un bella serata di bella politica sul fatto che le parole non pronunciate nei comizi siano sempre amore e morte. Sembra banale, lo so, ma non lo è: rimane la sensazione che per le più basse tragedie e le più alte poesie in politica si debba trovare una formula accomodante che eviti di centrare il punto travestendosi da analisi in improbabili sigle: coppie di fatto, omogenitorialità e diritti civili senza pronunciare “amore” e immigrazione, sbarchi, flussi o tragedie del mare piuttosto che pronunciare “morte”.

Non so se mi hanno fatto bene questi due anni e poco più di politica per la mia igiene affettiva. Non so se sia strategicamente sbagliato rinunciare alla rincorsa disperata e disperante dell’anaffettività per essere forte, coraggioso e oltraggioso quanto basta, sempre in difesa di bassezze che sono umane prima che politiche. Non so nemmeno se sia folle coltivare amicizie in un campo dove ogni apertura diventa uno spiffero buono per entrarci a piedi uniti.

Quello che so, e non è poco, è che se la politica diventa disumana e incapace di usare il vocabolario del sentimento e della speranza diventa inattiva, retorica e terribilmente lontana.

Poi a volte leggi lettere come quella del sindaco di Lampedusa di Giusi Nicolini. Le ritrovi di solito in rete o in qualche occhiello basso di un quotidiano mentre sfogli veloce la rassegna stampa insieme al caffè. Di solito sono i lamenti e gli sguardi di qualche amministratore locale (non è un caso, del resto) che precipitano fortunosamente nel cuore più sentimentale del problema, nel nocciolo da cui partire prima di costruire l’analisi, nel dolore da non dimenticare per trovare soluzioni efficaci sì, economicamente sostenibili anche ma umane. Politicamente umane. Senza commissariamenti del dolore, dell’amore e in questo caso della morte:

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